Martina Pagliuca, giovane oncologa e ricercatrice aversana, è tornata a lavorare a Napoli dopo tre anni di ricerca al Gustave Roussy Cancer Campus di Villejuif, Parigi, in Francia

Trentaquattro anni (li ha compiuti pochi giorni fa), medico oncologo, ricercatrice presso la Scuola Superiore Meridionale di Napoli e l’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale, Martina Pagliuca, con un talento purissimo riconosciuto nell’itera comunità scientifica, è Premio “Terre di Campania” 2025 per la sezione “Ricerca Scientifica”. Un vero e proprio genio, la dottoressa, se solo si pensa che, oltre a tanti altri titoli, ha  due diplomi universitari in ricerca clinica e traslazionale e in oncologia, conseguiti presso l’Università Paris-Saclay; ha ricevuto riconoscimenti per un lavoro di analisi di dati su una coorte di oltre 12000 pazienti con diagnosi di tumore mammario in stadio precoce, un focus di ricerca su qualità di vita e sintomi, anche a lungo termine, consecutivi a diagnosi e trattamento per carcinoma mammario; altri, le sono arrivati dal Conquer Cancer Merit Award della American Society of Clinical Oncology (ASCO) e nel 2024 ha ricevuto un finanziamento di ricerca perché  vincitrice del concorso “Gilead Fellowship Program”, per lo “studio della Tossicità Finanziaria in pazienti con diagnosi di carcinoma mammario in stadio precoce, trattate in diversi centri italiani”. Ma non finisce qua, perché nel 2025 la scienziata è stata inserita tra i “40 under 40” di Fortune, identificati quali “giovani più promettenti d’Italia”; e ancora, è membro di società scientifiche di rilievo come ESMO (European Society For Medical Oncology), oltre a collaborare con reti nazionali e internazionali di ricerca in oncologia.

Mi tolga una curiosità: ma dove trova il tempo per se stessa, visto quanto l’impegna il lavoro di ricercatrice?

«Beh, la sera, dopo il lavoro, oppure di mattina, quando vado con un gruppo di amici runner. Magari presto, prima che cominci il traffico per strada. Ecco, sono anche mattiniera. Ora, magari, lei immagina che io sia una supersportiva… Questo no. E poi, a volte, vado un poco in palestra. Questo è il tempo che mi dedico. Ma vedo anche, spesso, gli amici. Sono, diciamo, abbastanza un animale sociale e poi ci sono i fine settimana. Ecco, questi spazi diventano un momento importante di distrazione. Servono tantissimo a resettare. Sono necessari perché poi sul lavoro si renda al massimo. Sono una maniera per fuggire dallo stress.»

Cosa l’ha spinta a diventare un medico oncologo e a specializzarsi nel settore della mammella, così importante per la donna?

«Diciamo che è avvenuto tutto un poco per gradi. Nel senso che io volevo fare il medico, perché mi è sempre piaciuto stare a contatto con la gente. Da qui, l’idea di potere anche essere utile alle persone. Ho poi scelto il percorso di oncologia perché comunque questo è un campo in continua evoluzione e bisogna continuare a studiare, e farlo non mi è mai dispiaciuto.  In questo settore fortunatamente ogni anno abbiamo delle novità, nuovi medicinali. Ovviamente il tumore alla mammella è una patologia ancora più frequente perché colpisce una grandissima parte della popolazione. Pensi che una donna su otto si ammalerà di tumore al seno e se consideriamo tutta la popolazione femminile questo è un dato terribile. E dunque c’è necessità di ricerca instancabile in questo campo.  E così, non volendo smettere di aiutare le persone ho iniziato il dottorato e il lavoro di ricercatrice.»

Cosa bolle in pentola? Il mostro ha ancora vita lunga?

«Eh… la realtà è molto più complessa di quella che sembra perché a volte abbiamo delle notizie un poco sensazionalistiche come “Trovata la cura per il cancro” eccetera. Ma la verità è diversa perché nessun tumore è uguale ad un altro. E questo lo stiamo capendo perché più che di “medicina personalizzata” serve parlare di “medicina di precisione”. Come succede che ciascuno di noi è unico, allo stesso modo si verifica per la malattia, che dunque è unica per ogni individuo. E allora, più che una cura per il cancro in generale, quello che possiamo fare serve a cercare di capire sempre di più perché questa malattia conserva ancora qualcosa che ci è oscuro e impegnarci a trovare terapie sempre più efficaci. Oltre e soprattutto a un grande grande a investimento sulla prevenzione, che è l’arma più potente. E questo perché, se da una parte il tumore viene evitato nei casi possibili o scoperto nei casi precoci, la prevenzione è la chance più grande per curare la malattia. Di seguito viene il mio ruolo che nella mia ricerca si focalizza sulla qualità di vita e sulle persone che, colpite d questa malattia, non debbono vedere la loro vita complicata dai trattamenti della patologia ma riuscire a viverla pienamente.»

Cosa consiglia alle donne per la prevenzione? 

«Seguire le campagne di screening: mammografia a partire dai 50 anni e iniziare anche molto prima con l’autopalpazione e l’ecografia mammaria, che non è invasiva. E poi, soprattutto, molto sta anche nel conoscere il proprio corpo: qualsiasi tipo di cambiamento va approfondito. Vede, la prevenzione si fa nella vita di tutti i giorni, anche nei giovanissimi, evitando i fattori di rischio come l’alcool e il sovrappeso, ad esempio. Perché questi fattori si portano dietro tutta una serie di alterazioni metaboliche che a livello biologico possono favorire lo sviluppo di un tumore. Insomma seguire le norme comportamentali proposte dall’Oms che raccomanda la dieta mediterranea e di fare attività fisica e non fumare.»

Insomma, niente vita spericolata…

«Certo avere un vita regolare, mangiare frutta e verdura, consumare in maniera equilibrata proteine e carboidrati, che non devono essere demonizzati, sono tutti investimenti sul proprio futuro.»

Che pensa del premio Terre di Campania?

«Sono molto onorata. Questo è un premio che riconosce merito a eccellenze in campi diversi e dunque è una cosa molto bella. Ma poi è anche un premio che mi viene dato nella mia terra: ho vissuto molti anni all’estero e sono rientrata solo da un anno, dunque questo per me è un doppio riconoscimento. Vede, noi siamo lavoratori che non guardano tanto ai premi ma questo mi fa felice perché mi viene dato a “casa”. Tra le altre, vedere a chi è stato assegnato prima di me, mi rende davvero orgogliosa.»

 

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