“Volevo fare il giornalista, lo scrittore e mi sono iscritto a Giurisprudenza. Ma poi … ho scelto il teatro”
“Ma lo sa che sono stato sul punto di diventare avvocato? A diciannove anni avevo fatto quasi la metà degli esami di Giurisprudenza quando è scattata una molla che mi ha fatto … mollare tutto” racconta Gianfranco Gallo, attore, regista, commediografo, cantante, premio “Terre di Campania” 2025 appunto per il Teatro. Gallo, sessantaquattro anni, napoletano doc, l’Arte, quella con la “A” maiuscola, ce l’ha strutturata nel Dna, visto che è figlio di due grandissimi artisti napoletani: Nunzio, una delle più grandi e belle voci della canzone napoletana, e dell’attrice Bianca Maria Varriale.
“In effetti – continua – pensavo di fare di fare il giornalista, lo scrittore. E allora, finito il liceo, andai con papà a casa di Aldo Bovio, il figlio di Libero, e che allora era direttore di Sport Sud e gli chiesi «dottò, io vorrei fare il giornalista, lo scrittore, dove mi devo iscrivere all’università?» E lui mi rispose «fa’ na cosa, iscriviti a Giurisprudenza che quando tutto manca farai l’avvocato» – e così mi sono ritrovato a Giurisprudenza”.
E poi?
“E poi – continua – quando papà, che ci teneva molto al titolo di studio perché veniva da una famiglia del popolo, seppe che avevo lasciato quella facoltà e avevo scelto di fare l’attore ci rimase malissimo. Ma poi, col tempo, è diventato il mio primo tifoso”.
Insomma una vita artistica intensa, piena di sacrifici, ma anche di successi, quella del maestro Gallo. Basta solo pensare, difatti, che nel 1981 debutta a teatro con Roberto De Simone e che mette su una propria compagnia, nel 1988, girando l’Italia con gli spettacoli “Fratelli d’Italia” e “Francesca da Rimini”, con Aldo Giuffré alla regia. Debutta poi, tra gli altri, nella regia, nel 1997, e diventa commediografo per il Teatro Sannazaro di Napoli dove resta in attività fino al 2002, quando la sua compagnia viene prodotta dal Teatro Cilea di Napoli. Al cinema recita in due film di Marco Risi, “Fortapasc” del 2009 e “Tre Tocchi del 2015”. Nel 2016 è la volta di “Indivisibili” di Edoardo De Angelis. Direttore artistico di numerosi teatri, pubblica nel 2011 un libro di racconti e nel 2020 un libro comico sulla pandemia “Segreti e Quarantene”. Per il cinema gira il suo primo corto “Dodici repliche” scritto e diretto da lui. The Winner è il suo secondo corto. E recita in “Pinocchio” di Matteo Garrone, nel 2019, e ancora in “L’ombra del Caravaggio” di Michele Placido del 2021.
Ma come ha cominciato?
“Da bambino ho fatto delle cose con mia madre che insegnava teatro ai ragazzi e, anche non frequentando la sua scuola, spesso l’accompagnavo. Quindi ho fatto il mio primo film che stavo ancora al liceo: avevo sedici anni e recitai con Angela Luce, che era la protagonista. Il film si intitolava “Lo scugnizzo” e raccontava la storia di un orfanello napoletano in età scolare che viveva assieme alla madre adottiva. Insomma, una pellicola struggente e un poco drammatica. Poi, due anni dopo, nel 1981, ho debuttato seriamente con Roberto De Simone con il teatro di Viviani”.
Quanto ha influito sulla sua scelta di recitare l’avere una casa frequentata da grandi artisti napoletani?
“In effetti, più che altro, mi ha dato quella familiarità con questo mondo che ho vissuto sin da bambino. Vede, la familiarità è importante perché poi quando ho cominciato mi veniva spontaneo e facile muovermi in un teatro, in un camerino”.
E come le è scattato l’amore per il teatro?
“Tutto successe quando vidi “Festa di Piedigrotta” di Raffaele Viviani messa in scena da Roberto De Simone. Uno spettacolo costruito in una maniera ultra moderna, ma che era anche perfettamente in linea con la mia età. Fu allora che compresi che con il teatro si poteva parlare a chiunque”.
Farà uno spettacolo al Metropolitan di Sant’Anastasia. Quando?
“Saremo là il 18 e il 19 dicembre. È uno spettacolo che non facevo più da quindicina di anni. Si tratta di “Ti ho sposato per ignoranza”, una riscrittura mia di “A scarrecavarrile” la farsa di Pasquale Petito, il fratello di Antonio. La prima volta che la portai in scena l’ho fatta con mio fratello Massimiliano, adesso ho ripreso con mio nipote, Gianluca Di Gennaro”.
Tra qualche giorno si chiuderanno le iscrizioni al Festival del Cortometraggio di cui è direttore artistico, quante iscrizioni e quale riscontro c’è stato?
Il festival che ho pensato io é del tutto particolare perché guardando la tv, le fiction, e la Napoli che passa in televisione mi sono chiesto se non fosse arrivata l’ora di vedere una Napoli diversa. Dunque, il focus del festival è su Napoli, ma su una Napoli raccontata in maniera non stereotipata. Abbiamo avuto molte iscrizioni: solo per la fiction sono circa una trentina. Abbiamo tante proposte, qualcuna di esse è davvero bella. Il 13 e 14 avremo una serie di manifestazioni e incontri con cast e agenzie cinematografiche, tutto legato al festival.
Cosa pensa del premio Terre di Campania?
Gran bella cosa. Ricevere un premio è un attestato di stima. Soprattutto questi che sono premi misti in cui si danno riconoscimenti a grossi nomi della scienza e della cultura. E allora mi fa ancora più piacere rappresentare la mia categoria.







